Il nord Europa è minacciato dalla sottorappresentanza nelle istituzioni dell’Unione europea. A sollevare l’allarme è un recente rapporto commissionato dal Governo finlandese nell’ambito del piano di indagine e ricerca annuale, che mette a confronto le azioni di alcuni Stati membri per promuovere le carriere dei loro cittadini nell’UE.
Tra i paesi scarsamente rappresentati nella burocrazia europea fanno notizia Finlandia, Danimarca, Svezia, Irlanda, Paesi Bassi e Austria. In totale sono 13 i paesi UE sottorappresentati e si prevede che il numero salga a 19 nei prossimi anni.
Per una politica che tenga conto degli interessi di tutti gli Stati membri, è essenziale che i cittadini di tutti i 27 Stati lavorino equamente nelle istituzioni dell’UE.
Chi lavora nelle istituzioni dell’UE nei suoi compiti non rappresenta il proprio paese d’origine, ma nella pratica ovviamente lo conosce meglio e più profondamente. Una rappresentanza paritaria tra i diversi Stati membri risulta importante poiché migliora, tra le altre cose, la preparazione delle normative e, in ultima analisi, la credibilità dell’UE nel suo insieme.
Il rapporto finlandese, che ben delinea i rischi che ogni Paese dell’Unione potrebbe correre, avverte che la diminuzione della quota relativa di finlandesi nelle posizioni dell’UE indebolisce la conoscenza delle peculiarità della Finlandia e riduce la comprensione e il know-how dell’amministrazione nazionale rispetto alle istituzione europee.
Il caso Finlandia mostra che il numero dei suoi cittadini nell’UE sarà ridotto sia dal pensionamento dei dipendenti pubblici, che dallo scarso successo dei finlandesi nei concorsi ufficiali. Negli anni avvenire lasceranno in media 29 posizioni all’anno, mentre solo 3,5 persone vengono assunte tramite concorso ogni anno. Servirebbe un numero sette volte superiore a quello attuale solo per mantenere invariata la situazione.
Altro esempio è la Danimarca, che dopo l’adesione all’Unione Europea nel 1973 non ha investito sistematicamente nella promozione delle carriere UE. Molti dipendenti della prima ondata di assunzioni sono andati in pensione nel 2013 e in questo decennio si stima una perdita del 40% per i soli funzionari della Commissione Europea. Un dato che lo stesso Stato ha riconosciuto come determinante nell’indebolimento della sua influenza e della capacità di ottenere informazioni.
Nel 2013 il Governo danese istituì un gruppo di lavoro per valutare le modalità di risposta a questa minaccia: il rapporto presentò un totale di 27 raccomandazioni. Nel 2017 la situazione fu riesaminata e ancora una volta le misure si rivelarono insufficienti. Pochissimi danesi avevano superato il concorso EPSO per l’accesso alle carriere UE.
Da allora la Danimarca si è data un orizzonte da raggiungere entro il 2025 (circa 100 esperti distaccati, contro i 70 attuali), adottando misure forti che incentivino la formazione, la consapevolezza, la motivazione e la comprensione dei vantaggi.
Perché rischia il nord Europa?
Fino agli anni ’90 per accedere alla carriera europea, oltre alla laurea, bisognava avere un’esperienza di almeno 3 anni nel ruolo. La bassa scolarizzazione per lungo tempo ha determinato la sottorappresentanza di aree come quella mediterranea, in favore della nordeuropea, creando un vero e proprio buco generazionale.
Ora, però, la situazione pare essersi ribaltata.
L’aumento dei laureati, il cambio di norma sulle assunzioni (possibilità di partecipare alle selezioni anche per neolaureati da non più di due anni) e il pensionamento dei dipendenti pubblici reclutati tra gli anni ’70 e ’80, ha portato ad un boom di partecipazione dell’area mediterranea e dei Paesi dell’Est. Fenomeno spinto anche dalla carenza di posti di lavoro qualificati in questi territori e dagli stipendi competitivi delle carriere europee. Così a perdere terreno sono Paesi come la Danimarca, i Paesi Bassi, la Finlandia, ma anche la Francia e la Germania.
Per superare lo squilibrio geografico il rapporto finlandese raccomanda strategie nazionali che si estendano per almeno due mandati di governo, rivolte soprattutto a neolaureati, studenti e più in generale ai giovani. Ma i soli sforzi nazionali non basteranno a raggiungere risultati nel breve e medio termine. Si richiedono misure politiche dell’Unione europea.