Il 14 dicembre 2023 i leader dell’UE hanno deciso di avviare i negoziati di adesione con la Moldavia (e l’Ucraina), riconoscendo “un chiaro impegno nel processo di riforma”. L’annuncio fa seguito a mesi di pubblica esposizione della Presidente moldava, Maia Sandu, impaziente di aggregare all’UE i suoi 2,6 milioni di abitanti stretti tra due fuochi: da una parte l’autoproclamato Stato della Transnistria e dall’altra l’Ucraina in guerra.
Dal 2000 la Moldavia ha sicuramente compiuto progressi nella riduzione della povertà e nella promozione della crescita inclusiva, come riconosce la Banca mondiale. Ma che volto ha oggi l’ex RSS che con l’Ucraina mira a chiudere la nuova cortina di ferro?
Il volto di un paese destinato all’estinzione, forse. I moldavi che ancora vivono nella loro terra stanno assistendo inermi, ormai da anni, ad un preoccupante spopolamento. L’inquietudine deriva dalle modalità: non si parte più solo per lavoro, ora si cerca un luogo dove costruire una nuova vita.
Secondo un censimento del 1990 in Moldavia vivevano 4.335.360 persone. Dall’indipendenza del ’91 circa 1 milione di moldavi hanno abbandonato il paese. Il picco degli anni 2000 racconta di migliaia di uomini e donne che partivano per lunghi periodi di lavoro verso Germania, Francia e Italia. Ancora oggi, le rimesse (il trasferimento di denaro verso il paese di origine) rappresentano il 14% del PIL nazionale (dati Banca mondiale).
L’economia moldava è lungi dall’essere diversificata come quella europea. Il 9% del PIL proviene dall’agricoltura, a cui bisogna aggiungere un 11% di attività informale. E lo Stato controlla quasi il 27% degli attivi nazionali. Le condizioni strutturali del paese non sono rassicuranti: lo scorso maggio il Consiglio europeo ha raddoppiato gli aiuti economici fino a 295 milioni di euro.
Dati che faticano ad abbattere le reticenze dei paesi europei più rigidi sull’allargamento a est dell’UE. Le ostilità non si sono placate nemmeno dopo l’annuncio dell’avvio dei negoziati. Tuttavia la prova più grande che attende la Moldavia è con se stessa, con la sua gente, ma soprattutto con i suoi giovani.
Ogni anno sono 150.000 le persone che partono, in gran parte giovani che vanno all’estero per studiare, costruire carriere e famiglie. Di contro circa 100.000 persone vi fanno ritorno. Per lo più sono over 50, uomini e donne che hanno raggiunto l’età pensionabile. Un paese che invecchia quindi, e che non può contare su un vero ricambio generazionale.
Da un lato si perde la popolazione che può contribuire allo sviluppo economico e ai pagamenti sociali, e dall’altro c’è una pressione aggiuntiva quando tornano solo le persone in età pensionabile.
Nel 2020 sono nati appena 30.700 bambini, rispetto ai 77.000 del 1990. Un fenomeno letale che colpisce a valanga ogni ambito della società. Secondo le Nazioni Unite la Moldavia registra uno dei più grandi decrementi demografici al mondo.
Inoltre, il costo psicologico che l’esodo ha imposto a un’intera generazione, sta diventando sempre più evidente. Insicurezza, senso di abbandono e mancanza di affetto sono emozioni comuni. Bambini costretti a crescere in fretta per occuparsi della casa, del pollame o delle coltivazioni di famiglia. Per alcuni è andata anche peggio, vittime di abusi e della tratta.
Altro parametro decisamente in calo è il numero di studenti iscritti alle università. Nell’anno accademico 2005-2006 gli iscritti alle facoltà erano 128.000. Nel 2022 se ne sono registrati solo 50.000.
Ormai i giovani pensano a standard di vita più elevati e a servizi migliori. L’esodo della popolazione comprende persone che non sono necessariamente povere. Secondo l’Ufficio di Statistica moldavo, senza un cambio di ritmo tra poco meno di 20 anni la Moldavia avrà 1,7 milioni di abitanti, di cui la metà over 50.
Nel tentativo di combattere lo spopolamento il governo offre incentivi per attirare emigrati. Sono previsti sostegni finanziari per coloro che tornano e avviano un’attività in proprio. Dal 2010 è attivo un programma specifico, ma in base ai dati dell’Ufficio per lo sviluppo delle piccole e medie imprese, in 10 anni si sono iscritti appena 640 moldavi.
Nonostante i passi in avanti, la mancanza di servizi, le cattive condizioni di vita nei luoghi più periferici e la corruzione sono ancora elementi che scoraggiano a rimanere. Secondo Transparency International, nell’indice sulla percezione della corruzione la Moldavia occupa il 91° posto su 180 (nel 2021 era al 105° e nel 2020 al 115°).
L’avvio dei negoziati per l’adesione all’Unione europea è sicuramente una buona notizia. A Chișinău da tempo la bandiera moldava sventola insieme a quella stellata dell’UE. E tra gli edifici fatiscenti di produzione sovietica, già svettano le infrastrutture finanziate dai 27. Tutti, dai vertici politici agli abitanti dei paesini più remoti, vedono l’opportunità. Ma l’adesione non è prevista prima del 2030. Gli eventi legati al conflitto ucraino, così come la pressione demografica, saranno ancora una forte discriminante nella quotidiana sopravvivenza dei moldavi.
Foto in apertura di Dorin Seremet