“Tutto è nell’oscurità. Ogni volta che si discute su qualcosa, sorgono continuamente controargomentazioni”. Con queste parole, a gennaio, Ernest Ploil, co-amministratore delegato della piccola casa d’aste im Kinsky, annunciava la messa in vendita di un’opera di Gustav Klimt ritrovata dopo quasi un secolo.
Si tratta del ritratto, mai completato, di una delle figlie di Adolf o Justus Lieser, fratelli di una ricca famiglia di industriali ebrei di Vienna.
Ci sono molte domande senza risposta sulla vera identità della ragazza rappresentata e sulla sorte del dipinto scomparso durante il periodo nazista.
Nota come “Ritratto di Fräulein Lieser“, l’opera fu dipinta da Gustav Klimt nel 1917 nel suo studio. Non fu mai terminata a causa della morte improvvisa dell’artista nel 1918 durante l’epidemia di influenza. Per quasi un secolo la collocazione del dipinto è rimasta sconosciuta. L’unica prova della sua esistenza era una fotografia in bianco e nero scattata negli anni ’20.
Sul taccuino del pittore sono state registrate almeno nove visite di una “Lis”, riconducibile a un membro della famiglia Lieser, ma i due fondatori della prima fabbrica meccanica austriaca di corde e spaghi di canapa, avevano entrambi figlie adolescenti.
La versione dei due esperti
Per gli storici dell’arte, Alfred Weidinger e Thomas Natter, il dipinto rappresenterebbe Margarethe Constance Lieser, figlia di Adolf Lieser. La ragazza sposò l’ungherese Henry de Gelsey nel 1921 e si trasferì a Budapest.
I due studiosi di Gustav Klimt sostengono di essere stati contattati nel 2007 dal figlio di Margarethe, William de Gelsey, per rintracciare il dipinto. “Un’opera di cui si è sempre parlato in famiglia” sosteneva l’uomo, morto a Londra nel 2021, e che nel testamento ha previsto la donazione del dipinto a un ente di beneficenza, nel caso in cui fosse stato ritrovato.
La versione della casa d’aste
La casa d’aste im Kinsky sostiene che l’opera rappresenti Helene o Annie, le due figlie di Justus Lieser e Henriette Lieser. Quest’ultima, conosciuta come Lilly, faceva parte della famiglia Landau, una delle più ricche di Vienna di fine secolo. Quando divorziò dal marito Justus Lieser nel 1905, divenne una nota mecenate dell’avanguardia viennese.
Nella biblioteca nazionale austriaca è stato ritrovato un negativo della foto in bianco e nero del dipinto. Secondo la scheda d’inventario, nel 1925 l’opera di Klimt era appesa nel palazzo di Henriette Lieser, in Argentinierstrasse.
Nel 1942 Henriette Lieser fu deportata dai nazisti ad Auschwitz e morì nel campo di concentramento nel 1943. Entrambe le figlie, però, sopravvissero: Annie divenne una famosa ballerina, mentre Helene fu un’economista.
Non risulta che una delle due figlie di Henriette Lieser abbia mai tentato di rivendicare l’opera dopo la seconda guerra mondiale, né tantomeno che il dipinto compaia nella dichiarazione dei beni preziosi che la madre avrebbe dovuto stilare ai nazisti nel 1938, come tutti gli ebrei d’Austria e Germania.
La casa d’aste ha presentato alcune lettere del 1961, scoperte nell’archivio del Museo d’arte moderna di Vienna, sostenute da una ricerca per un libro sull’alta borghesia ebraica di Vienna, secondo cui Henriette Lieser nel 1938 avrebbe scambiato il dipinto con un ricco capo d’azienda, Adolf Hagenauer, per delle provviste, mentre la persecuzione degli ebrei cominciava ad intensificarsi.
Il cerchio si chiude lo scorso anno con la morte della figlia di Adolf Hagenauer, e il lascito dell’opera ad un lontano parente, nonché venditore segreto che in questi giorni ha ceduto “Ritratto di Fräulein Lieser” per la modica cifra di 30 milioni di euro.
Secondo il catalogo della casa d’aste Im Kinsky, i proprietari hanno riconosciuto le ambiguità e le lacune storiche sulla provenienza del dipinto di Gustav Klimt. Per questo motivo, prima della vendita, hanno raggiunto un accordo “giusto ed equo” con tutti i successori legali della famiglia Lieser.
Nonostante le numerose prove presentate, ad oggi l’unica certezza è la scomparsa del dipinto dal 1925 fino al suo recente ritrovamento.
La preoccupazione maggiore arriva dalla comunità ebraica austriaca: “Ci sono ancora molte domande senza risposta” ha dichiarato la direttrice esecutiva, Erika Jukubovits. “La restituzione delle opere è una questione molto delicata. Bisogna garantire che esista una procedura all’avanguardia per le future restituzioni private”.