“L’illegalità dell’aborto nella fase iniziale della gravidanza è insostenibile”. È quanto stabilito da una commissione composta da esperte di diritto, salute ed etica, istituita in Germania dalla coalizione “semaforo”, l’esecutivo composto da socialdemocratici, liberaldemocratici e verdi.
Sebbene in Germania l’aborto sia raramente punito, attualmente il paragrafo 218 del Codice penale lo considera una pratica illegale, ad eccezione dei casi in cui la donna è in pericolo di vita o è vittima di stupro.
Rimane impunito, però, se effettuato nelle prime 12 settimane e la donna incinta si sia precedentemente sottoposta a una consulenza obbligatoria e a un periodo di attesa.
Paragrafo 218 Codice penale:
"Chiunque interrompe una gravidanza sarà punito con la reclusione fino a 3 anni o con la multa. Gli atti che hanno effetto prima che l'ovulo fecondato abbia completato il suo impianto nell'utero non sono considerati aborti ai sensi di questa legge".
La commissione sull’autodeterminazione riproduttiva e sulla medicina riproduttiva, composta da 18 donne, è stata istituita un anno fa con l’intento di “creare una base scientifica aggiornata per la discussione politica e sociale di alcune delle questioni più difficili sull’autodeterminazione riproduttiva” ha spiegato il ministro della Giustizia, Marco Buschmann, al momento della sua creazione.
La proposta di modifica/abolizione del paragrafo 218, una norma vecchia di 153 anni, fa parte dei programmi elettorali del 2021 dei socialdemocratici (SPD) del cancelliere Olaf Scholz e dei Verdi. Tuttavia, dopo la pubblicazione del rapporto, i rappresentanti politici hanno espresso riserve sulla rapida attuazione dei suggerimenti. A pesare è l’imminente tornata elettorale europea.
Secondo la commissione sull’autodeterminazione riproduttiva, gli aborti dovrebbero restare vietati nella fase tardiva della gravidanza, quando il feto è capace di vitalità indipendente. Questo limite si aggirerebbe intorno alla 22esima settimana dall’inizio dell’ultima mestruazione.
Spetterà al legislatore – continua la commissione – stabilire quale regolamentazione debba applicarsi nelle settimane tra la fase iniziale e quella tardiva con il consenso della donna.
Le esperte, quindi, sono state chiare: l’aborto, prima e dopo la dodicesima settimana, può essere legalizzato.
L’importanza della legalizzazione, inoltre, potrebbe avere effetti che vanno ben oltre la sfera del diritto penale. La commissione menziona il diritto delle donne ad usufruire delle casse malati: ad oggi, coloro che interrompono una gravidanza nell’ambito dell’accordo di consulenza obbligatoria, devono farsi carico del costo della procedura. Se e quando gli aborti saranno ritenuti legali, le compagnie di assicurazione sanitaria potrebbero essere costrette a pagare l’intero processo.
In Germania il sistema sanitario funziona in modo diverso rispetto a quello italiano: è obbligatorio avere un'assicurazione sanitaria. Per ottenerla è necessario registrarsi presso una cassa malattia. Vi sono le casse pubbliche e le casse private. Nel primo caso il contributo è in base al reddito e suddiviso al 50% col datore di lavoro, mentre per le private le discriminanti per il costo sono l'età, il sesso, la salute e le prestazioni scelte.
Per le esperte, il legislatore potrebbe anche restare fermo sull’obbligo di consulenza prima dell’aborto, ma in tal caso dovrebbe garantire un servizio completo, senza barriere, multilingue e totalmente gratuito.
Il dibattito tedesco si va ad inserire in un contesto storico che sta minando sempre più il diritto fondamentale all’autodeterminazione. Coloro che spingono per la modifica/abolizione del 218 temono che un futuro governo d’estrema destra possa imporre sanzioni con relativa facilità.
Su questa linea, solo pochi mesi fa il Consiglio dei ministri tedesco ha rafforzato il diritto delle donne ad accedere alle cliniche per l’interruzione della gravidanza, vietando l’entrata ai gruppi antiabortisti e stabilendo una distanza minima dai centri.
Tema tornato alla ribalta in questi giorni in Italia, per la linea completamente opposta, in seguito all’emendamento al disegno di legge per l’attuazione del PNRR, che conferisce legittimità all’entrata nei consultori delle associazioni antiabortiste.
L'Afd (Alternative für Deutschland), partito d'estrema destra in ascesa in tutta la Germania, sostiene la necessità di un inasprimento della norma esistente: "Si praticano troppi aborti, la Germania avrebbe bisogno di meno migranti se il tasso di natalità fosse più alto".
Il timore di una retrocessione sul tema dei diritti è confermato dai recenti sviluppi in molti Paesi in cui l’aborto è diventato argomento altamente controverso.
La situazione in Europa
In Ungheria l’aborto è legale dal 1953, ma dal 2022 il governo Orbán ha introdotto l’obbligo per le donne incinte di ascoltare il battito cardiaco del feto prima di poter interrompere la gravidanza, col dovere dei medici di stilare un rapporto di “avvenuto ascolto”. Oltre a questo, le donne devono sottoporsi a due consultazioni obbligatorie.
La Polonia è il Paese che ha registrato i maggiori passi indietro negli ultimi anni, a causa delle politiche conservatrici del partito Diritto e Giustizia. L’interruzione di gravidanza è fondamentalmente illegale, a meno che non sia il risultato di un incesto, di un’aggressione sessuale, o se minaccia la salute della madre. Se il nascituro presenta malformazioni alle donne non è permesso abortire.
Politiche che hanno spinto migliaia di donne ad abortire all’estero o in situazioni non protette. L’elezione dell’europeista Donald Tusk promette un deciso cambio di marcia, ma ci vorrà tempo per cambiare gli apparati istituzionali e, soprattutto, superare il veto sulle leggi del presidente conservatore Andrzej Duda.
In Irlanda, nel 2018 uno storico referendum costituzionale ha permesso di abrogare il divieto all’interruzione di gravidanza (ammessa solo se la madre fosse stata in pericolo di vita). Nello stesso anno è stata approvata una legge che prevede la possibilità di abortire fino alla 12ª settimana, ma ad oggi migliaia di donne fanno ancora fatica ad accedere ai servizi di assistenza.
Nei Paesi Bassi l’aborto è possibile fino alla 24ª settimana di gravidanza, ma in caso di gravi problemi di salute, la donna può spingersi oltre questa scadenza. Ci si può rivolgere in tutte le cliniche abortive del Paese e la consulenza è disponibile, ma non obbligatoria.
In Francia dal 1975 gli aborti sono impuniti fino alla 14ª settimana. Il sistema sanitario pubblico copre tutti i costi e si può richiedere la consulenza psicosociale senza vincolo, tranne che per i minorenni. A marzo il governo, con un’ampia maggioranza del Parlamento, ha ritenuto necessario inserire nella Costituzione il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza. È il primo Paese al mondo a muoversi in questa direzione.
La Spagna, su impulso del partito socialista, ha approvato recentemente una riforma di legge che permette alle minori, dai 16 anni in su, di interrompere la gravidanza senza il consenso dei genitori. La norma ha introdotto anche l’obbligo per lo Stato di garantire la pratica in tutte le strutture pubbliche, ha creato un registro degli obiettori di coscienza ed eliminato l’obbligo dei 3 giorni di riflessione dal momento della richiesta.
In Italia l’interruzione di gravidanza è regolata dalla legge 194 del 1978. È consentita fino al 90° giorno, è su base volontaria e completamente gratuita. La procedura prevede che la donna si rechi presso un consultorio dove un ginecologo effettuerà la visita e rilascerà un certificato che attesta la volontà di interrompere la gravidanza. Per legge si dovrà attendere almeno una settimana tra la certificazione e la procedura di aborto. Per le minori è necessario il consenso e la presenza di chi esercita la patria potestà.
Malta continua a rappresentare la realtà più rigida dell’UE, dove le donne non hanno possibilità di interrompere volontariamente la gravidanza, a meno che non sia a rischio la vita stessa della gestante.
Maternità surrogata e donazione di ovociti
In Germania la maternità surrogata e la donazione di ovociti sono vietate.
Una legge del 1990 stabilisce che la donazione di ovuli è vietata perché crea una maternità divisa. Il testo afferma che il bambino subirebbe un danno se la madre sociale e quella genetica non fossero la stessa persona. Al contrario, la donazione di sperma è considerata ammissibile.
Tuttavia, secondo la commissione, questo ragionamento sarebbe ormai obsoleto e non più convincente.
“La legalizzazione della donazione di ovuli è ammissibile, a condizione che ci sia una base giuridica che garantisca la necessaria protezione della donatrice e del bambino” ha dichiarato la commissione composta da 18 donne.
Per la maternità surrogata altruistica la commissione si è tenuta più cauta, affermando che i legislatori potrebbero continuare ad attenersi al divieto, ma se ci fosse spazio e modo per garantire la protezione delle madri surrogate e il benessere dei bambini, potrebbe esserci spazio anche per questa pratica.
Il principio di base è che ci sia un legame tra i genitori e la madre surrogata. Questo può avvenire nel caso di un rapporto familiare già esistente o nel caso di un accordo che stabilisce la frequentazione anche dopo la nascita. La commissione aggiunge che la madre surrogata dovrebbe ricevere anche una compensazione adeguata.
Il rapporto ONU
“Per quanto riguarda le questioni legate alla salute sessuale e riproduttiva, la triste verità è che invece di lavorare tutti insieme c’è una sorta di dialogo polarizzato, un atteggiamento divisivo e, in un certo senso, un atteggiamento da “cittadino di seconda classe” per i diritti delle donne e delle ragazze”. Così la direttrice esecutiva dell’UNFPA (Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione), Natalia Kanem, commenta l’ultimo rapporto sulle disuguagliane nella salute e nei diritti sessuali e riproduttivi.
Quando si tratta di uguaglianza in materia di sessualità e riproduzione, donne e ragazze continuano a lottare con gli svantaggi.
Gli organi politici decisivi sono ancora dominati dagli uomini, e i rinnovati dibattiti sull’aborto mostrano come il corpo delle donne venga utilizzato in modo improprio come campo di battaglia politica.
“È responsabilità degli uomini essere paladini dei diritti riproduttivi delle donne, dei diritti riproduttivi di tutti. E anche se abbiamo visto progressi in termini, ad esempio, di aumento delle donne parlamentari nei governi, non siamo neanche lontanamente vicini alla parità e le donne rappresentano la metà della popolazione mondiale”
— Natalia Kanem, direttrice esecutiva dell’UNFPA
Link utili per approfondire il tema:
Leggi europee sull’aborto: una panoramica comparativa
Center for Reproductive Rights
“Vite intrecciate, fili di speranza” rapporto ONU